Introduzione ai toponimi tratta dal lavoro del prof. Fiorenzo Toso, I TABARCHINI DELLA SARDEGNA, ED. LE MANI, 2003
Il nome ufficiale di Carloforte appare in data precedente alla fondazione del centro, nelle convenzioni tra i rappresentanti dei coloni, la monarchia sabauda e il feudatario dell’isola, ma nell’uso locale esso non si è mai popolarizzato: i Carlofortini preferiscono chiamare l’abitato U Pàize «il paese» . L’aggettivo etnico carlofortino è soltanto italiano: gli abitanti preferiscono chiamare se stessi genericamente Tabarchin o anche Carulin ‘Carolini’.
Al momento del trasferimento in Sardegna, i territori successivamente occupati dai Tabarchini erano di fatto disabitati: l’isola di San Pietro, anche per la presenza piuttosto assidua nelle sue acque di corsari barbareschi, non veniva in pratica frequentata. Sull'isola di San Pietro vi sono quindi relativamente poche tracce di una toponomastica pre-tabarchina.
Tra i toponimi d’origine ligure spiccano quelli riferiti alle forme del suolo, alla tipologia della vegetazione o alla presenza di animali selvatici;essi mantengono come è ovvio una piena trasparenza di significato, come nel caso di Briccu ‘cima', Grótta di Cumbi ‘grotta (marina) dei colombi’, o di Canàuti ‘valloncelli’, Canò Fundu ‘vallone profondo’, Cò du Figu ‘cala del fico’ (it. Calafico), Maciun ‘macchione’, Punta de Óche ‘dei gabbiani’, Punta Nàigra ‘punta nera’, regione Ventrischi ‘lentischi’ ecc.
Meno trasparente nei significati ma non nelle motivazioni è l’altra tipologia dominante, quella legata a nomi, nomignoli o qualifiche di antichi proprietari, spesso ancora identificabili, come, sull’isola di San Pietro, nel caso delle regioni Bazìliu ‘Basilio’, Sabin ‘Sabino’, Ségni già proprietà della famiglia Segni, Geniò già proprietà del generale Giovanni Porcile, Canò de Carlin ‘vallone di Carlino’, Canò de Pàulu ‘vallone di Paolo [Segni], Canò du Maté ‘vallone di Matteo [Baghino]), Câfatti ‘terreno che fu proprietà della famiglia Grosso, i cui membri esercitavano la professione di calafati’, e così via. In altre circostanze il nome di luogo è legato alle attività che vi si svolgevano, come nel caso delle località Saliña, Mandria, letteralmente ‘pascolo per i bovini’, della stessa collina di Guardimói ‘Guardia dei Mori” ove aveva sede una stazione di avvistamento delle navi barbaresche.
In qualche caso, la memoria popolare ha conservato motivazioni plausibili al di là della vera o presunta trasparenza del toponimo: per la località Canun di San Pietro si ricorda il rinvenimento di un cannone, per la Punta du Mórtu il ritrovamento del cadavere di un naufrago.
In altri casi, come spesso avviene, tali etimologie popolari sono ricostruzioni di pura fantasia, legate ad aneddoti tramandati oralmente.
A seguire i principali toponimi tratti da TOPONOMASTICA DELL'ISOLA in "STUDIO MONOGRAFICO SULLA CITTA' DI CARLOFORTE" a cura del corpo insegnante delle scuole elementari anno 1962 - 1963, ed. Fossataro - CA.
Gli elementi desunti risalgono al 1850, epoca in cui fu formato il primo Catasto descrittivo che fissò ufficialmente i nomi alle diverse regioni e località dell'isola, nomi già consacrati dall'uso comune.
Sommario:
Dalla particolare colorazione del terreno. Comprende la regione che va dalla punta di Calafico al canale di Capo Rosso. Il terreno è roccioso e cespugliato, ad eccezione di una piccola parte coltivata a vigneto. La costa è alta e scende a picco sul mare ad un'altezza media di 50 m. Vi si notano le punte di Calafico (dai primi proprietari, i Tagliafico), di Capo Rosso e del Capodoglio.
Sul promontorio di Capo Sandalo - cosi detto per la forma particolare - si erge, a 103 s.l.m., il Faro omonimo, uno dei più importanti del Mediterraneo. Nella piccola cala troviamo i resti di un forno per cuocere la calce, già di proprietà dei Tagliafico.
Orrido di capo Sandalo detto anche "Calangua" da Itinerando per l'isola di san Pietro - guida turistica realizzata dagli allievi del liceo linguistico don Pagani nel 2006 (a pag 68).
Nella parte settentrionale, cosi chiamata perché regno incontrastato dei gabbiani detti «oche» dal vernacolo carolino). Il terreno, poco fertile a causa dei venti nordici, e per la maggior parte roccioso è a pascolo cespugliato. Vi cresce, non troppo rigoglioso, il pino marittimo. Sulla punta omonima, dove la costa scende a picco sul mare con un salto di una ventina di metri, s'apre la meravigliosa Grotta delle Oche, uno dei più caratteristici angoli del paesaggio isolano. La regione è attraversata dal canale du Mattè (o du Bughè) per il nome di un proprietario (Matteo Baghino).
Comprende la regione che va dalla punta di Calafico al canale di Basilio, con terreno in parte roccioso e vigneti, e qualche seminativo di modesta fertilità. Il seminativo, che comprende la tanca di Sangali (o Maneggette), è attualmente ricoperto da una splendida pineta. Fanno parte della zona le punte della Borrona ( deformazione dialettale di burrone) e della Berra; i «monti» della Borrona (165 m.) e di Calavinagra (160); i canali di Calavinagra - fronteggiato dallo scoglio omonimo - e di Basilio. La regione porta questo nome indubbiamente per l'asprezza e la sterilità del terreno. E' compreso in questa zona un tratto di terreno coltivato a vigneto ed ortaggi, chiamato la Cammilletta, diminutivo di Camilla, soprannome degli Alimonda, primi proprietari, nonché lo stagno di Calavinagra.
Rippa du panferu : collega la zona delle Commende con la regione Calavinagra
Il panferu e' uno strumento in ferro simile al palanchino che serve per fare leva....mio nonno lo usava in campagna quando doveva sollevare delle grosse pietre!!!! (Mariano Stefanelli nella pagina FB Carloforte Castello di Carlo)
Berra, era questi un sergente sardo della guarnigione che, sposata una del suo paese, come si suole, si fermò a Carloforte. Non fece dinastia, ma lasciò il suo nome ad una punta presso Calavinagra, la Berra. Tratto da G. Vallebona, Evoluzione della società carlofortina pagina 18, ed. Sarda Fossataro, 1975.
Comprende la zona che va dal canale di Capo Rosso a quello di Pitticheddu; nell'interno si allarga verso la montagna di Ravenna e le Commende. Anche qui la costa scende a picco sul mare ad un'altezza media di 140-150 m.. Vi troviamo le miniere di Capo Rosso e del Becco, già fiorenti per la produzione di ocra e di manganese. I terreni di Gian Arbì e delle Tanche, erano un tempo coltivati a vigneti che ora sono pressoché distrutti dalla fillossera; al Becco troviamo terre seminative di scarsa fertilità. Si alzano qui i bricchi di Ravenna (192) e di Capo Rosso (172) e le varie località sono quelle di Millelire (cognome dei proprietari delle miniere), Gianuffo (dal soprannome di un minatore toscano), Gian Arbì (dal soprannome del napoletano Giovanni Ventura che vi piantò la vite), Tanche (una delle tante voci sarde entrate nella parlata popolare - perché i terreni abbastanza vasti erano divisi a tanche). La zona, prevalentemente collinosa, è intersecata dai canali di Capo Rosso, del Becco (così detto perché termina formando una piccola cala a becco d'uccello) e di Pitticheddu ( per il soprannome dato ad un pastore sardo, molto basso di statura, il quale ivi pascolava il suo gregge).
Piccola regione all'interno dell'isola con vigneti un tempo rigogliosi ed ora distrutti. Senoeuiu è il termine carlofortino che indica un fungo dannoso all'agricoltura. Il nome Commende deriva, invece, dalla pietra ivi esistente, la «commendite», che si trova anche negli Urali.
In alternativa "La corretta dizione di questa particolare roccia vulcanica tipica dell'Isola dovrebbe essere quella di "Commendite", dato che la località da cui lo scopritore Bertolio (1895) ha tratto il suo nome è "Le Commende", derivante dall'antica "Commendatura di San Carlo" (tratto da COLATE COMENDITICHE - GEOSITI DELL'ISOLA DI SAN PIETRO)
Cucho Meo - nomignolo di un pastore dell'isola madre; da lui prende il nome un Bricco nella regione Commende, in vicinanza del Panferro. (E. Maurandi, Storia di Carloforte, documenti e appunti)
Nel decennio 1790 appaiono in numero discreto i pescatori "dichiarati" ..... Tra i rimanente "occasionali", ricorderemo GioBatta Ravenna che si sposò a Carloforte e lasciò il suo nome a un bricco dell'isola. Tratto da G. Vallebona, Evoluzione della società carlofortina pagina 22, ed. Sarda Fossataro, 1975.
Regione attigua alla precedente ed ancor più piccola, con le stesse caratteristiche. Basilio o «Baxilli» è il nome di un carlofortino che si era ritirato in quella zona, conducendovi vita eremitica.
Registriamo il primo immigrato sardo che farà dinastia, l'agricoltore Basilio Onado da Segariu (vedovo, sposerà nello stesso anno la carolina M. Paola Granara), che, con i suoi due figli maschi e le tre femmine, si stabilizzerà nel centro dell'Isola a svolgervi attività agricola. (Quasi certamente da lui prende il nome uno dei tanti « canali » che solcano l'epidermide di San Pietro il « canale di Baxilli », poco distante da quello di Calavinagra). Tratto da G. Vallebona, Evoluzione della società carlofortina pagina 12, ed. Sarda Fossataro, 1975.
Molto incerta invece la qualifica professionale dei 10 occasionali: forse marinai di passaggio e qualche famiglia di funzionari del governo viceregio. (D'uno di essi, Michele Regolini, è rimasto presumibilmente il nome ad una punta della costiera settentrionale: la Regolina ). Tratto da G. Vallebona, Evoluzione della società carlofortina pagina 14, ed. Sarda Fossataro, 1975.
E' quella regione che dalle Commende e Basilio si stende fino al mare seguendo quasi parallelamente il canale di Basilio da una parte e il canale dello ZI (o «Si»), che poi s'immette nel canale di Stea, dall'altra. Qui abbiamo l'unico sbarramento di acque, a mezzo di una diga che forma il suaccennato bacino di Nasca. Vi troviamo la punta Senoglio (o Senoeuiu) e il bricco di Nasca (m. 163) - così chiamato dal nome dialettale di un'erba dalle foglie lanceolate e appiccicaticce, di cui ci sfugge il termine scientifico (inula viscosa ).
A proposito di Pitticheddu, riporto stralcio intervento di G. Ferbat tratta dalla pagina facebook "Carloforte - Castello di Carlo": .... A volte il nome deriva da persone che pur non possedendo immobili e/o terreni in una determinata zona, vi hanno avuto a che fare, come il caso di taluni dediti all'allevamento di bestiame, non di rado provenienti dalla madre isola. Il Canale di Pitticcheddu (erroneamente scritto con una 'c' sola) è una delle zone che a mio parere porta a farsi delle domande. Chi era questo Pitticcheddu? Difficilie risalire alla fonte, quando è trascorso tanto, troppo tempo. Una cosa pare evidente e cioè che fosse un carlofortino-sardo e non un carlofortino-tabarkino. La parola è infatti palesemente sarda, l'aggettivo qualificativo diminutivo che sta a indicare un'entità molto piccola: da 'pitticcu', 'pitticcheddu', in Italiano: piccolo-piccolino/piccoletto. Generalmente il carlofortino indigeno si dedicava a lavorare terreni produttivi in zone abbastanza vicine al paese, come il Macchione e il Canalfondo, mentre le zone più lontane erano spesso i luoghi di chi si dedicava all'allevamento di bestiame e numerosi erano quelli che provenivano dall'isola madre, entrando col tempo a far parte a tutti gli effetti del tessuto sociale di Carloforte. Pitticcheddu era quindi, con tutta probabilità qualcuno che in qualche modo aveva a che fare con la zona che da lui ha preso nome.....
Regione che dal centro dell'Isola corre tra i canali di Zi e di Stea da una parte, e i canali dei Calafati e di Guidi dall'altra. Vi sono molti vigneti e seminativi. Le località sono quelle di San Giacomo (per la chiesa - ora scomparsa - fattavi erigere da Giacomo Mongiardino e dedicata a quel Santo) , di Guardia dei Mori ( dal bricco omonimo ) , d i Zi ( dal soprannome di un proprietario della zona ) e d i Guidi ( dal cognome di Francesco Guidi , genero del bisnonno del Presidente Segni ) . Notiamo in questa regione la punta di Stea con l'isolotto omonimo, e i canali di Zi , Stea, Guidi e dei Calafati ( dai proprietari del luogo, i Grasso, che erano tutti calafati) nonché i bricchi delle Scimmie ( m . 134) e di Guardia dei Mori ( m. 211 ) - così chiamato perché la maggiore altezza permetteva l'avvistamento di eventuali legni barbareschi, frequenti nelle acque territoriali sarde prima del Trattato delle Tre Reggenze -. La località San Giacomo fu denominata in seguito Bocchette , per le buche o scavi praticati nel terreno per assaggi di miniere.
Sebastiano Grasso, l'abile siciliano che avviò la sua discendenza dall'artigianato al commercio e dalla cui originaria professione resta il nome ad una regione dell'isola, dove erano i loro possessi, : "dai calafati". Tratto da G. Vallebona, Evoluzione della società carlofortina pagina 48, ed. Sarda Fossataro, 1975.
Granera, deformazione Granara dei primi proprietari.
E' la regione che tra la montagna di Tortoriso e Nassetta si allarga verso il mare e include i terreni dai canali Calafati - Guidi a quello di Mameo Rosso, esclusa punta delle Oche.
E' la parte più alta e quindi più collinosa dell'isola. La maggior parte dei terreni sono rocciosi , con pascoli cespugliati e belle pinete, pochi vigneti e scarsi seminativi. Le località sono quelle di Guardia dei Mori , del Pulpito (così chiamato per la sua forma a pergamo) , del Lago ( piccola depressione ), del Tortoriso, di Nassetta, di Mameo Rosso (da un Bartolomeo Rosso, di cui la tradizione narra che cedette parte dei suoi beni a « Baloletto ,, - soprannome di certo Giuseppe Damele - perché gli aveva insegnato il Padre Nostro ) . Oltre il già citato bricco di Guardia dei Mori, si alzano qui il Tortoriso ( m. 208) e il Nassetta ( m. 199), e vi si allungano i canali di Mameo Rosso e di Bacuscia o dei “ Sette ,, ( sette fratelli ) o di “ Felise,, ( certo Maurandi ) .
In Sicilia c'è un paese, che si chiama TORTORICI. Il nome di quel paese è diventato il cognome di alcune persone, anche nella variante TORTORIGI. Si da il caso che verso la fine del 1700 a Carloforte giunse dalla Sicilia una di queste persone e in quale parte dell'isola si ritrovò a possedere una casa o un terreno questo siculo? Provate a immaginare.... Passano alcuni decenni e arrivano i geografi dell'Istituto Geografico Militare, per redarre la cartina dell'isola. Passano in rassegna tutta l'isola, basandosi anche su documenti e carteggi vari, sicuramente e si appoggiarono ai Carlofortini per stabilire i vari toponimi. Arrivati nell'area incriminata, chiesero ai Carlofortini quale fosse il nome di quell'area e i carlofortini glielo dissero, ma come la sapevano loro e cioè come il cognome di quel siciliano era diventato nel dialetto locale: non più Tortorci/Tortorigi (più probabile la seconda forma, perché la 'g' italiana tende a diventare 's' dolce in Carlofortino, mentre alla 'c' corrisponde 's' sorda' in dialetto). Per i carlofortini chi aveva possedimenti in quell'altura era 'u Turturìzu'. Ma, siccome la carta andava redatta in Italiano, occorreva scrivere il nome corretto e non quello dialettale, quindi, se in dialetto era 'Turturizu', in Italiano, ovviamente era 'TORTORISO'! (Tratto dalla pagina FB di Carloforte Castello di Carlo, intervento di G. Ferbat).
E' una vasta regione compresa tra il canale di « Mameo Rosso » e quello che dà il nome alla zona, Calalunga. Particolare della zona sono le «Tacche Bianche » (quella parte di costa settentrionale di cui già s'è detto ). I terreni sono coltivati a vigneto, pochi i seminativi. Ne fanno parte le località; Canale dei Gatti ( per i molti gatti del passato, distrutti da Siciliani e Calabresi immigrati. a Carloforte) , Calalunga e Giannurango. L'attraversano i canali di «Didon » ( soprannome francese di Agostino Durante, proprietario del luogo ) , di Calalunga ( per la sua lunghezza e profondità ) e di Regolina. Il bricco Giannurango ( m. 143), unico della regione, prende il nome dal vecchio proprietario, un Giovanni Serra, il quale benché zoppo - in dialetto « rangu » -, tutti i giorni si recava in campagna attraverso una strada disagevole (la strada di « Giannurangu » = “ Giovanni, lo zoppo “) .
Il Canale delle Natte deriverebbe la sua denominazione dai grossi galleggianti di sughero, detti appunto "natte", utilizzati dai pescatori carlofortini, strappati ed accumulati dal mare entro questa piccola insenatura (tratto da "GLOBOIDI - GEOSITI DELL'ISOLA DI SAN PIETRO)
Nelle vecchie IGM (sino al 1940) veniva trascritto CANALE DI DIDON. Nelle carte IGM recenti (dal 1968) e sulle CTR è trascritto CANALE DUDON.
E' la parte a Nord-Est dell'Isola, coltivata per lo più a vigneto; vi sorgono gli stabilimenti delle tonnare di Portopaglia e di Portoscuso. La parte costiera ci presenta La Punta e Punta Grossa o « dei Grosso » ( cognome carlofortino ) ; nell'interno i bricchi di Taccarossa o « Monte Morto » (m. 39 ) e di Bellavista (m. 52 ) . La regione è divisa nelle località « La Punta » (dal capo omonimo) , Taccarossa (dal caratteristico colore del terreno) e Ruccoxiu ( = roccioso ). Fra queste ultime si insinua il breve canale di « Cantagallina » (forse lo schiocco dei frangenti del mare echeggianti il verso di quel volatile).
La Punta detta anche "Punta delli Scabecceri" (da Itinerando per l'isola di san Pietro - guida turistica realizzata dagli allievi del liceo linguistico don Pagani nel 2006 (a pag 46).
Regione abbastanza vasta che va dalla città sino a Taccarossa. Ha terreno fertile, coltivato a vigneti e frutteti. Comprende il Canalfondo ( dal canale omonimo - «fondo » in dialetto significa anche « lungo » ), gli Spagnoli (dal proprietario, un carolino che aveva risieduto lungo tempo in Spagna ) , il Curassu (così detto perché le rocce di questa zona sovrastano l'abitato, quasi a difesa e quindi, nell'ingenua fantasia popolare, come una corazza ) , la Golfa o « golfo malesino » ( perché il canale omonimo descrive un'ampia curva a guisa di golfo) e le Piane (per la caratteristica pianeggiante ) . Si elevano qui i bricchi Spagnolo ( m. 141) e Curassu ( m. 84 ) . Sul mare notiamo la punta Brogiò, o meglio Broeuxiu ( dal nome, Ambrogio, del proprietario di un terreno attiguo , dal medesimo in seguito venduto a Giuseppe Damele, il Baloletto; il quale si cita ancora perché nelle carte posteriori al 1850 si trova « punta Baloletto” ), la punta di « Din » ( soprannome di tale Repetto ) , quella del Morto ( perché in quel luogo era stato trovato un cadavere ) e quella della Sanità ( per il vecchio fortino Maria Teresa adibito in seguito a lazzaretto sotto la direzione di un Capitano di sanità ) .
Regione con terreno molto sabbioso, coltivato a vigneti, che comprende le località: Rombi ( dal cognome dei primi proprietari ) , Gabbie ( così detta perché meta preferita dai cacciatori d'uccelli con gabbie e vischio ) , Stagnetto ( per l 'acqua che vi rimane stagnante per buona parte dell'anno) , Sabino ( forse per la natura sabbiosa del terreno) e Spiaggia ( dal terreno arenoso quasi simile alla rena del mare, pur trovandosi ad un 'altezza di m. 120). E' dominata dal bricco del Molino ( m. 142), così denominato per i ruderi di un antico mulino a vento, e solcata dai canali delle Gabbie, Rombi e Geniò o del « Generale» (perché già di proprietà del generale Giovanni Porcile, padre dell'Amm. Vittorio) .
Tratto di terreno fra il bricco «Montagna » e il canale dell'«Inferno » e la regione Gioia.
Comprende una buona zona pianeggiante a 160 m. sul mare, coltivata a vigneti e seminativi. Il nome Gioia le deriva sia per la pace che vi regna, sia per la fertilità del terreno; S. Anna perché i proprietari, i Grasso, molto devoti, dedicarono il luogo a questa Santa.
Terreno in gran parte roccioso, aspro e di difficile accesso; vi cresce molto bene il pino marittimo. La parte coltivabile fu denominata a catasto « Terreno del Paradiso » . I nostri vecchi chiamarono così questa parte dell'Isola perché vi si rifugiarono frequentemente quando incombeva il pericolo di incursioni barbaresche; in questo luogo solitario e sperduto in mezzo alle colline si sentivano al sicuro come « in Paradiso ».
E' una vallata con terreni a pascolo e vigneti . Al centro è il canale dell'Inferno, le cui acque d'inverno sono assai impetuose, donde il nome. L'altra località, la Mandria, deve il suo nome alle mandrie di bovini ed ovini che vi pascolavano (infatti, ad eccezione di qualche raro vigneto, il terreno è lasciato a pascolo).
Zona molto accidentata con qualche terreno a pascolo, così è chiamata dal primo proprietario, un Tomaso non meglio identificato , di origine sarda. Vi si innalzano i bricchi Tomaso (m. 162}, Birincampo ( m. 154) (o "Verincampo = vero campo, o "Vero incanto", perché il luogo è magnifico e dall'altura si domina gran parte di San Pietro e di S. Antioco).
Piccola regione con terreni rocciosi e a pascolo, tutt'attorno al bricco Benittu ( m. 126) . Il nome le deriva da quello del pastore d'origine sarda che vi era stabilito col suo gregge. Nel canale di Paolo o della Sepoltura, si trovano ancora i resti della capanna dove viveva il Benittu . ( Ancor oggi a Carloforte, dinanzi ad una testardaggine, si dice: « t'e ciù duu ch'a cròva de Benittu! ,, = sei più duro della capra di Benittu! ).
E' una regione con terreni seminativi e pascoli cespugliati che abbraccia le località: Croce ( così chiamata per una croce posta a ricordo di un sacerdote defunto ; per lungo tempo chi passava da quelle parti seguì l 'usanza di gettare un sasso nel sito dove si presumeva fosse stata la croce ) , Canauti ( per i molti piccoli canali naturali che la solcano ) e Petenin ( da una soprannome = piccolo pettine ) . La regione trae il suo nome dal cognome dei primi proprietari, i Rossino ( nel dialetto carolino infatti si usa spesso pronunciare il cognome al plurale, quando si voglia indicare la famiglia: es. i Rossini , i Rivani , i Parodi , ecc. ecc.).
Regione abbastanza ampia che va dal canale di Pitticheddu alla Caletta. Vi sono i · bricchi della Sepoltura ( m. 181 ) , della Guardia ( m. 186) - perché come Guardia dei Mori era ottimo punto d'avvistamento -, del Polpo ( m. 147 ) - per la sua forma a testa di polpo - (1), e Napoleone ( m. 116 ) ( dal cognome del proprietario ) . Sulla costa s'avanza sul mare la punta dei Laggioni ( per i molti labri - i "laggioni" appunto del vernacolo - che vi abbondano ) . Le località della zona sono la Sepoltura, gli Sperduti - luoghi inospiti e sterili -, Napoleone, Segni e Spalmatore.
I canali che l'intersecano sono quelli di Paolo ( dall'avvocato don Paolo Segni , zio di Antonio, già Sindaco d i Carloforte ed intimo del re Alfonso di Spagna ) , del Gritta ( da un soprannome - granchio - dei proprietari , i Parodo ) e di Bulau ( soprannome di un carlofortino celeberrimo per la sua incredibile resistenza sia come nuotatore che come subacqueo ) . Tutti questi canali confluiscono nella Caletta.
La zona ha conservato il nome dei Segni , i più ricchi proprietari dell'Isola; vi è addirittura una località chiamata « dai ricchi ».
(1) Cevasco detto il "polpo", da lui prese il nome una collina di sua proprietà nella regione Spalmatore (da "Carloforte, storia inedita di E. Maurandi, foglio 373. Riportato in "Antologia Carolina" di Simeone - Strina, pag 82).
Piccola regione attualmente chiamata « dau Ciò », soprannome di Enrico ( o Battista ) Maurandi , primo proprietario del luogo. Notiamo qui la punta del Cannone, così chiamata perché vi fu trovato un vecchio cannoncino, postovi sicuramente dopo la prima incursione barbaresca.
Comprende lo Spalmatore vero e proprio, con terreni coltivati per lo più a vigneto e vi notiamo , sulla costa, le punte dello Spalmatore di fuori , Fradellin, Mingosa. L'unica asperità del terreno è il bricco del Folletto ( m. 61 ), così chiamato dai vecchi per la ritenuta presenza di fantasmi. Presso la Caletta è la sorgente del Fico ( così detta perché accanto vi era un grosso albero di fico tagliato solo attorno al 1930 ) . Il nome della regione é antichissimo e deriva dal fatto che la cala era appunto base d'appoggio per gli antichi navigatori Fenici, Punici e Romani ( dei quali ivi sorgeva un "pagus") : nell 'ampia cala essi spalmavano le loro navi.
( = Buoi Marini o Foche Mediterranee) . Nella costa s'allarga il golfo della Mezzaluna, con la magnifica sequenza d i anfratti "a corridoio". Ancora sulla costa notiamo la punta Genià ( molto probabilmente dal già menzionato gen . Giovann i Porcile ) davanti alla quale é l'isolotto omonimo o del "Garrone", come lo chiamano i pescatori data la sua forma a tallone. La regione é attraversata dal canale di Bessissa ( ancora da un soprannome ) .
( da Gaspare, il nome del primo proprietario ) . Piccola zona montagnosa con una bella pineta ; vi notiamo il "monte" d i Gasparro ( m. 110) .
Gaspare Vassallo fu il padre di Andrea, calzolaio e proprietario, sindaco di Carloforte nel 1843. Tratto da G. Vallebona, Evoluzione della società carlofortina pagina 56, ed. Sarda Fossataro, 1975.
Vasta regione con terreni seminativi, un tempo tutti vigneti, la più fertile dell'Isola. Le località che vi troviamo sono: Lucaize ( dal proprietario, uno di Lucca, che aveva acquistato il terreno da Maurizio Segni ) , Grixella ( per l'intenso frazionamento della proprietà e relativa divisione fatta con muri a secco, che suggerisce proprio l'immagine di una graticola ) , Burzun ( soprannome del proprietario, certo Antonio Pili, di origine oristanese) , Baracchini ( per le capanne - "baracchin" - che vi spesseggiavano prima delle attuali "baracche ) , Terra lunga ( dalla lunghezza delle tanche ) , Vivagna ( per le acque di sorgente, che in dialetto si dicono vivande) , Punta Nera ( dal colore molto scuro degli scogli e del terreno ) e Colonne ( dai due scogli già menzionati) .
Quattro punte tormentano la costa: quella delle Colonne, di Zitta ( soprannome di un pescatore che frequentava quei luoghi ) , Punta Nera e Punta Martin ( dallo sfortunato fondatore di Villa Vittoria ) . Vi s'aprono: la spiaggia della "Bobba" ( nome datole dai pescatori ch' ivi riparavano e cuocevano il loro pasto frugale, di cui il piatto più comune consisteva nella minestra di fave, la "bobba") (1) e delle Chinolle. Anche qui un'asperità di scarso rilievo, il bricco Grixella ( m. 43). La zona ha conservato. il nome del primo proprietario, certo Pescetto, mentre Chinolle é una deformazione di Colonne. Sono qui gli stagni dei Pescetti e della Vivagna ( o dei Muggini ) .
A proposito di Lucaize, riporto stralcio discussione tratta dalla pagina facebook "Carloforte - Castello di Carlo":
Antonio Guidi diede il nome solo alla zona della ben nota spiaggia. Credo d'aver capito cos'hai fatto, devi aver confuso 3 cognomi, Guidi, Romby e Lucchese. Il generale era Romby e dà il nome all'area vicino al mare delle Colonne e all'isolotto (Genio'). Lucchese (cognome e non della città di Lucca) invece dà il nome alla zona adiacente (Lucaize), più vicina alle Colonne.
Dal sito Casevacanze riporto quanto segue sull'origine del toponimo GUIDI
La spiaggia Guidi prende la denominazione dalla omonima punta; il signor Antonio Guidi era il proprietario di alcuni terreni in prossimità della spiaggia.
Questo toponimo tuttavia è relativamente recente; negli anni Cinquanta la spiaggia era frequentata solamente da chi aveva terreni nelle vicinanze e allora veniva indicata “ dau Menepentu ” (Menepentu era il soprannome di uno dei proprietari dei terreni limitrofi).
Prima ancora, dall’inizio alla fine dell’Ottocento, tutto quel tratto di costa era noto e indicato nelle carte di allora come Golfo della Margheritina, in quanto, in quegli anni, nella cala trovavano rifugio i bastimenti costruiti e provenienti da Santa Margherita Ligure. Infine, addirittura prima nel Settecento, quel tratto di costa era indicato col nome di “ Cala Galeotta ”.
BOBBA - dal sito Casevacanze
La “ bobba ” in tabarchino è il nome di una minestra molto densa a base di fave secche, e qualcuno ha ipotizzato che il nome della spiaggia tragga origine dalla minestra perché nella piccola insenatura c’è sempre mare calmo (come la bobba nel piatto che difficilmente si rovescia per la sua “ solidità ”), ma questa spiegazione appare un po’ azzardata. Qualcun altro sostiene che la denominazione derivi dal soprannome del proprietario del terreno in cui sorge la stradina per la spiaggia. Infine, anticamente, la spiaggia veniva indicata come “ Spiaggia Bova ”.
BOBBA - da Geositi dell'Isola di san Pietro
Il nome della spiaggia di Bobba deriverebbe dai ben levigati ciottoletti dispersi nell'arenile, i quali ricordano un piatto a base di fave (bobbe), tipico della cucina tradizionale di Carloforte.
Presenta le stesse caratteristiche della regione precedente, ma un pò più collinosa.
Gaetta ( dal proprietario, un gaetano ) , Resciottu ( dal soprannome del pastore che abitava in quel luogo ) (1) , Valacca ( da Stefano Valacca, primo segretario comunale di Carloforte ). Le Lille ( piccolo altopiano un tempo ricoperto di grossi alberi, chiamati in dialetto "lille" = specie di olivastro ) , Banchi ( dal terreno, formato a fasce, a guisa di tavolati = banchi ) e Bubau ( da un soprannome) sono le sue località. Vi si elevano i bricchi di Resciottu ( m. 83) e Bubau ( m.29 ) ; l'intersecano il canale della Vivagna e quello di Carlino ( dal nome di un proprietario ) .
(1) Resciottu - Nella leggenda carlofortina certo Giobatta Rosso di Giuliano, forse per non sentirsi inferiore ad altri, chiese di essere arruolato. Nel distico il "Resciottu" indica un militare tabarchino qualunque, ironicamente inteso (da "E ciaciurie" di G. Damele Garbarino, nota 97 pag. 403).
Abbraccia tutta la fascia costiera che dallo Spalmadoreddu va fino a Girin, e comprende le località: Torre o Spalmadoreddu ( dalla torre ora adibita a Stazione Astronomica o per il diminutivo alla sarda di Spalmatore) , Giunco ( dal terreno acquitrinoso dove i primi arrivati non trovarono che giunchi ) e Girin ( da Gironni , soprannome del primo che vi piantò la vite, un sardo di origine portoscusense) .
Le punte che spezzano l'uniformità della costa sono quelle dello Spalmadoreddu, Girin, Sguerina o "du Grossu" ( Grosso è il cognome di un proprietario dei luoghi, Sguerina il soprannome) e Peruscina ( dal cognome del capitano marittimo di origine dalmata - da Ragusa - che trasportava i tonnarotti carolini alla tonnara di Sidi Daude, presso le coste tunisine; i terreni appartenevano al Mongiardino, poi passarono al Peruscina, Giovanni, che ne aveva sposato la figlia ).
Comprende la zona adibita a salina, sin dall'inizio della colonizzazione.
Vasta regione coltivata a vigneti, frutteti ed orti irrigui. Le località sono: Eredità ( terreni degli Arnoux ereditati in seguito dai Plaisant ) , Pozzino ( per i molti pozzi con vene sorgive ) , Genià, S. Pietro ( dalla chiesetta impropriamente detta di San Pietro) , Le Fontane ( per i molti pozzi detti impropriamente "fontane") e La Nuella ( dal cognome Novella ). Attraversano questa regione i canali del Generale, del Macchione - che riceve le acque del canale del Baccio - e di Valacca. Unica asperità é il bricco Macchione ( m. 98) sul quale si dice si trovasse il solo nuraghe esistente nell'Isola. La regione é stata chiamata Macchione dalla folta macchia che ricopriva il terreno quando sbarcarono i primi coloni .
Una parte del Macchione si chiama ‘Da Segni’: perché c’è la casa ( chiamata ‘A Nùèlla’, La Novella ) dell’avvocato Paolo Segni, Sciù Paulin, sindaco di Carloforte per quasi quarant’anni, a iniziare da quando egli di anni ne aveva solo 29, nel 1855 dalla pagina facebook "Carloforte - Castello di Carlo"
"Ripa du sordu" ha preso il nome dal passaggio dei minatori, per lo più di origine sarda, che si recavano alla miniera del Becco" da D. Agus, Gente di carruggi vol. 1, pag. 130.